
Come è noto la cittadinanza è la situazione giuridica di chi appartiene a un determinato Stato, che consente di godere della pienezza dei diritti civili e politici, ma non sempre il riconoscimento si ottiene in modo agevole o in tempi stretti e oltretutto la disciplina normativa di ogni Paese è in continuo divenire e soggetta a modifiche e cambiamenti nel corso del tempo.
Recentemente l’Italia si è resa protagonista sul palcoscenico internazionale delle normative sulla cittadinanza, promuovendo due riforme volte la prima ad agevolare l’acquisto della cittadinanza italiana da parte dei cittadini extraeuropei residenti in Italia, la seconda a limitare il diritto di acquisto della cittadinanza per discendenza.
Referendum Naturalizzazione
A norma di legge sono state raccolte le 500 mila firme necessarie per indire il referendum sull’acquisto della cittadinanza italiana per naturalizzazione: il quesito referendario mira a facilitare l’integrazione e l’inclusione sociale dei cittadini stranieri che risiedono stabilmente in Italia, riconoscendo il loro contributo alla società italiana.
In particolare nel mese di Giungo 2025 si voterà per dimezzare da 10 a 5 anni i tempi di residenza legale necessari per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana da parte degli stranieri, modificando così l’art. 9 della legge n. 91/1992.
Questa riduzione dei tempi interessa in special modo i cittadini extraeuropei che vengono così equiparati a quelli UE per cui già è previsto il termine di 5 anni di residenza legale ininterrotta sul territorio italiano.
Il quesito infatti propone l’abrogazione dell’articolo 9 comma 1 lettera f) della Legge 5 febbraio 1992, n. 91, che consente di presentare domanda di concessione della cittadinanza italiana “allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica”.
Per effetto dell’abrogazione dell’art. 9 comma 1 lett. f) ritornerebbe in vigore il termine di 5 anni di residenza legale che era sempre stato previsto dalla legislazione italiana dall’Unità di Italia e fino al momento in cui la legge del 1992 operò una distinzione tra cittadini extra UE e cittadini Ue, aggravando per i primi e alleggerendo per i secondi, il percorso di ottenimento della cittadinanza italiana.
Restano immutati invece tutti gli altri requisiti per l’ottenimento della cittadinanza tra cui la conoscenza della lingua italiana, il possesso di una soglia di reddito minimo, l’assenza di precedenti penali e l’ottemperanza agli obblighi tributari.
Per quanto riguarda gli effetti il referendum potrebbe avere sicuramente un impatto importante soprattutto per i figli dei genitori extra UE che vivono da anni in Italia, migliorando la condizione di tanti stranieri di seconda generazione.
Infatti ai sensi dell’art. 14 della legge n. 91/1992 i figli minori di chi acquista la cittadinanza italiana, se conviventi, acquistano automaticamente la cittadinanza italiana.
Consentire ai genitori di presentare domanda di cittadinanza dopo solo cinque anni di permanenza in Italia, velocizza complessivamente il procedimento di naturalizzazione, garantendo la possibilità di trasmettere la cittadinanza italiana ai figli minori conviventi
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Cittadinanza per discendenza
In attesa degli esiti del referendum di giugno, il Governo italiano ha introdotto nel mese di marzo 2025 un’ulteriore riforma in materia di cittadinanza italiana che va nella direzione opposta; questa volta infatti si tratta di una revisione di tipo restrittivo, o quantomeno selettivo, nei confronti degli stranieri che intendono richiedere il riconoscimento della cittadinanza per discendenza in virtù del principio dello ius sanguinis.
L’assetto normativo in vigore fino all’intervento operato da questa modifica prevede che l’acquisto della cittadinanza in Italia, disciplinato dalla legge n. 91 del 1992, può avvenire in modo automatico oppure a seguito di apposita richiesta da parte dell’interessato.
Esistono infatti vari modi di acquisto della cittadinanza italiana: per nascita da genitore italiano, a seguito di matrimonio o unione civile con cittadino italiano, per adozione, riconoscimento o dichiarazione giudiziale della filiazione, per naturalizzazione.
Uno dei principi cardine della legge è la trasmissibilità della cittadinanza per discendenza (iure sanguinis), secondo cui il figlio acquista la cittadinanza dal proprio genitore cittadino italiano.
Questo criterio consente anche allo straniero con cittadinanza estera, in presenza di determinati requisiti, di ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana qualora sia discendente in linea retta di un avo cittadino italiano.
La riforma è andata ad incidere proprio sotto questi ultimi aspetti.
Partendo dal presupposto che 1) la legge italiana consente di avere la doppia cittadinanza e 2) non in tutti gli Stati vige la regola dello ius sanguinis, bensì la regola dello “ius soli“, ossia si acquista la cittadinanza del Paese di nascita, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori, questa situazione ha interessato molti discendenti di emigrati italiani, che alla nascita hanno acquistato la cittadinanza straniera in forza dello “ius soli”.
Perciò per tutelare i figli degli emigrati italiani, la Legge n. 555/1912 ha confermato il principio del riconoscimento della cittadinanza italiana per derivazione paterna al figlio del cittadino a prescindere dal luogo di nascita.
L’art. 7 della legge 555/1912 consentiva, infatti, al figlio di italiano nato in uno Stato estero che gli aveva attribuito la propria cittadinanza secondo il principio dello ius soli, di conservare la cittadinanza italiana acquisita alla nascita, anche se il genitore durante la sua minore età ne incorreva nella perdita, riconoscendo quindi all’interessato la rilevante facoltà di rinunciarvi al raggiungimento della maggiore età, se residente all’estero.
Solo con l’entrata in vigore della Costituzione, dal 1 gennaio 1948, questo principio si applica anche ai discendenti per derivazione materna, onde evitare ingiuste discriminazioni basate sul sesso.
Prima della riforma 2025 quindi chi era nato in uno Stato in cui vige lo “ius soli” aveva diritto di essere riconosciuto “cittadino italiano” se dimostrava di avere un avo italiano (maschio), senza limiti generazionali (con l’unico limite che l’antenato italiano fosse deceduto dopo il 17 marzo 1861, data della proclamazione del Regno D’Italia!).
Per ottenere il riconoscimento della cittadinanza per derivazione paterna quindi si presentava apposita istanza al Consolato italiano e si doveva dimostrare la discendenza da avo italiano, senza limiti di generazioni, e che l’avo avesse mantenuto la cittadinanza sino alla nascita del discendente e così fino alla persona interessata richiedente il riconoscimento.
In altri termini nessuno dei discendenti in linea retta tra l’avo e il richiedente doveva aver mai interrotto la continuità della trasmissione della cittadinanza rinunciando ad essa o ottenendo la naturalizzazione straniera prima della nascita del discendente.
Allo stesso modo si poteva presentare apposita istanza al Consolato italiano per ottenere il riconoscimento per derivazione materna, con l’unica differenza che era invece possibile risalire fino ai nati da cittadina italiana dopo il 1 gennaio 1948, mentre per quelli nati prima di tale data era necessario adire il Tribunale italiano per ottenere in via giudiziale una sentenza dichiarativa dello status di cittadino italiano per derivazione materna, essendo impossibile il riconoscimento in sede amministrativa.
Le nuove disposizioni 2025 di fatto non cancellano il principio dello ius sanguinis, ma lo ridefiniscono: adesso solo i discendenti entro la seconda generazione, ovvero coloro che abbiano almeno un genitore o un nonno nato in Italia, potranno ottenere automaticamente la cittadinanza italiana. L’intento della riforma è quello di rafforzare in questo modo il senso di appartenenza alla comunità nazionale, contrastando fenomeni di abuso e commercializzazione dei passaporti italiani.
Più nel dettaglio la norma prevede che le nuove richieste di cittadinanza presentate dal 28 marzo 2025 (mentre per quelle presentate anteriormente a tale data continuerà a valere la disciplina precedente) potranno essere accolte per chi risulta nato all’estero ed è in possesso di altra cittadinanza nel caso ricorra una delle seguenti condizioni:
-un genitore o adottante cittadino è nato in Italia; -un genitore o adottante cittadino è stato residente in Italia per almeno due anni continuativi prima della data di nascita o di adozione del figlio; -un ascendente cittadino di primo grado dei genitori o degli adottanti cittadini è nato in Italia.
Questo vuol dire che se un cittadino italiano non ha mai risieduto nel Paese, non potrà trasmettere la cittadinanza ai figli per discendenza.
Per completezza espositiva si segnalano ulteriori misure previste, ma attualmente non ancora entrate in vigore: occorrerà mantenere nel tempo un legame concreto con il Paese, esercitando uno dei diritti o doveri civici almeno ogni venticinque anni; il figlio minorenne di cittadini italiani potrà ottenere la cittadinanza se nasce in Italia o se vi risiede per almeno due anni, previa una semplice dichiarazione di volontà da parte dei genitori; chi ha perduto la cittadinanza potrà riacquistarla, ma solo a condizione di risiedere in Italia per almeno due anni; coloro che abbiano almeno un nonno che è o è stato cittadino italiano potranno diventare cittadini italiani dopo tre anni di residenza in Italia (a fronte dei cinque richiesti ai cittadini UE e dei dieci al momento previsti per gli altri stranieri); infine, i coniugi di cittadini italiani potranno continuare ad accedere alla naturalizzazione, ma soltanto se effettivamente residenti sul territorio italiano.
Oltre a queste restrizioni, per frenare le numerose richieste e le concessioni della cittadinanza si valuta l’introduzione di un limite al numero delle domande che possono essere accettate annualmente. È previsto, inoltre, un aumento del costo per chiedere la cittadinanza.
Una novità riguarda anche l’aspetto burocratico in quanto la procedura amministrativa non sarà più gestita dei Consolati, ma direttamente da un istituto specifico del governo creato ad hoc per alleggerire e velocizzare l’iter
La ratio della nuova disciplina normativa sulla cittadinanza quindi non riduce il diritto al riconoscimento come cittadino italiano al mero fatto ereditario, ma richiede una legittimazione nel tempo attraverso la dimostrazione concreta di un legame con il Paese che attesti l’interesse e la partecipazione attiva alla vita sociale, culturale e civica dello Stato.
In conclusione, uno straniero interessato all’acquisto della cittadinanza italiana, munito di idonea documentazione comprovante la discendenza diretta da genitori o nonni italiani emigrati all’estero, può chiedere che gli venga riconosciuta la cittadinanza “per diritto di sangue“, come previsto dalla legge, ma la normativa, in Italia come negli altri Paesi, è in continuo divenire introducendo a volte agevolazioni, altre volte limitazioni o restrizioni, per cui è importante restare aggiornati e consultare un professionista al fine di cogliere al momento giusto le migliori opportunità che possono migliorare la propria situazione personale.
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