La Normativa CFC (Controlled Foreign Company)

Nel mondo sempre più globalizzato di oggi, dove agli imprenditori è reso sempre più agevole delocalizzare il proprio business e costruire strutture giuridiche di tipo transazionale capaci di ottimizzare al massimo il carico fiscale e dirottare proventi e utili verso Paesi a bassa o nulla tassazione, è inevitabile esporsi al rischio di abusi da parte di alcune società, che possono sfruttare queste opportunità per finalità illecite come appunto l’evasione fiscale.

Sono quindi numerose le strategie utilizzate dalle autorità fiscali nazionali e internazionali per prevenire ed ostacolare simili abusi. Si è già parlato in un articolo precedente del “transfer pricing”, ossia la disciplina che regola i prezzi di trasferimento tra società infragruppo; in questa sede parleremo invece di un’altra normativa anti-elusiva adottata in quasi tutti i Paesi del mondo: la normativa sulle società controllate estere (Controlled Foreign Company, CFC).

CFC: Cos'è e come funziona

Tale normativa è appunto finalizzata a scongiurare il rischio che un gruppo societario possa scegliere di costituire una società controllata estera, ubicata in territori a fiscalità privilegiata, che in realtà non svolge alcuna effettiva attività ma ha il solo scopo di vedersi dirottati gli introiti delle altre società del gruppo, delocalizzando i redditi dove le tasse sono più basse o addirittura nulle, e pertanto a mero scopo elusivo o evasivo sul piano strettamente fiscale. In generale, la soluzione adottata nell’ambito delle normative CFC è quella di assoggettare a tassazione nello Stato di residenza del soggetto partecipante i redditi realizzati dall’azienda partecipata.

In sostanza, nel caso in cui una società tedesca possieda partecipazioni in un’altra società ubicata alle Bahamas, dove la tassazione è nulla, i proventi di quest’ultima vengono tassati direttamente sulla società tedesca secondo le aliquote tedesche (in proporzione alla quota di partecipazione detenuta).

Si tratta di una soluzione estremamente efficace ad evitare pratiche elusive, che è nata nel 1962 negli Stati Uniti, che è stata nel tempo adottata da sempre più Paesi e che può declinarsi in diverse forme a seconda delle specifiche normative interne. Alcune normative CFC, come quelle europee ad esempio, prevedono la diretta imputazione al soggetto partecipante a prescindere dall’effettiva distribuzione degli utili: in questo modo si rende fiscalmente neutrale l’investimento effettuato all’estero e privo di efficacia lo spostamento dei redditi verso Paesi a fiscalità privilegiata.

Le normative si preoccupano anche in maniera differente di stabilire in quali condizioni operi effettivamente l’applicazione della CFC: oltre a stabilire tutte che la norma si applichi alle società controllate situate in Paesi a fiscalità privilegiata, spesso le normative interne hanno cura anche di stabilire dei criteri per identificare tali Paesi: ad esempio, secondo gli standard OCSE è da considerarsi a fiscalità privilegiata qualunque Paese che presenti una tassazione effettiva inferiore di almeno la metà rispetto a quella del Paese di residenza della controllante.

Diversa può essere anche la definizione di “controllo” di tale società, che in genere si sostanzia nel fatto che la società controllante abbia non necessariamente la maggioranza dei voti, ma anche solo un numero di voti sufficiente ad esercitare “un’influenza dominante” sull’altro soggetto, ovverosia indirizzarne e influenzarne l’attività in modo determinante. Alcune volte, tale controllo si esplica anche in via di fatto quando, al di là dell’effettiva quota partecipata, il soggetto residente può indirizzare e influenzare l’attività della controllata in virtù di specifici accordi contrattuali (come, ad esempio, dei patti parasociali) che concedono al soggetto controllante ampi poteri decisori anche nel caso in cui a livello di quote possedute non si disponga dell’effettiva maggioranza dei voti. La semplice attribuzione di una quota inferiore al 50%, insomma, può non essere sufficiente, in determinati casi, a garantire la non applicazione della normativa CFC.

Interessante dunque notare che i redditi derivanti dall’applicazione della CFC non rientrano nel reddito complessivo del contribuente, ma sono tassati separatamente; di conseguenza è anche generalmente vietata la compensazione tra redditi conseguiti nel Paese di residenza con eventuali perdite della società controllata estera, e viceversa.

Come evitare la CFC?

Tuttavia, la normativa CFC non si applica in maniera assoluta e inderogabile: esiste in genere la possibilità, per il contribuente, di evitare l’applicazione della CFC presentando una specifica istanza all’Amministrazione finanziaria di riferimento, dimostrando almeno una di queste condizioni:

  • Che la società controllata estera svolge in via principale una effettiva attività industriale o commerciale, e non è dunque una mera società “di comodo”.
  • Che dalle partecipazioni possedute non consegue l’effetto di delocalizzare i redditi in Stati o territorio a regime fiscale privilegiato.

In presenza di almeno una di queste condizioni, è quindi possibile ottenere l’esenzione dall’applicazione della CFC.

Quali Paesi applicano la CFC

Ad oggi, sono comunque solo 51 i Paesi che hanno una propria disciplina sulle CFC. Di seguito l’elenco:

  • Australia (AUS)
  • Austria (AUT)
  • Belgio (BEL)
  • Bulgaria (BGR)
  • Canada (CAN)
  • Cile (CHL)
  • Colombia (COL)
  • Repubblica Ceca (CZE)
  • Danimarca (DNK)
  • Estonia (EST)
  • Finlandia (FIN)
  • Francia (FRA)
  • Germania (DEU)
  • Grecia (GRC)
  • Ungheria (HUN)
  • Islanda (ISL)
  • Irlanda (IRL)
  • Israele (ISR)
  • Italia (ITA)
  • Giappone (JPN)
  • Corea (KOR)
  • Lettonia (LVA)
  • Lituania (LTU)
  • Lussemburgo (LUX)
  • Messico (MEX)
  • Paesi Bassi (NLD)
  • Nuova Zelanda (NZL)
  • Norvegia (NOR)
  • Polonia (POL)
  • Portogallo (PRT)
  • Repubblica Slovacca (SVK)
  • Slovenia (SVN)
  • Spagna (ESP)
  • Svezia (SWE)
  • Turchia (TUR)
  • Regno Unito (GBR)
  • Stati Uniti (USA)
  • Argentina (ARG)
  • Brasile (BRA)
  • Cina (Repubblica popolare di) (CHN)
  • Croazia (HRV)
  • Indonesia (IDN)
  • Kazakistan (KAZ)
  • Malta (MLT)
  • Mauritius (MUS)
  • Pakistan (PAK)
  • Perù (PER)
  • Romania (ROU)
  • Russia (RUS)
  • Sudafrica (ZAF)

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In Conclusione

Come anticipato, ogni legislazione, per quanto in generale la ratio della normativa sia la medesima, adotta criteri suoi propri per individuare i Paesi a fiscalità privilegiata, il concetto di controllo e quello di società estera, così come eventuali condizioni esimenti. Questo rende la disciplina sulle CFC piuttosto complessa e difficile da stabilire con certezza quando si decide di pianificare un business internazionale. Motivo per cui è essenziale il supporto di esperti nel settore, che conoscano le normative interne ed internazionali nei vari Paesi ma anche le prassi operative delle amministrazioni finanziarie e i precedenti giurisprudenziali sul tema.

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