Quando si parla di Caraibi si tende a considerarli “paradisi” per via delle spiagge bianche, i mari incontaminati, la natura selvaggia che contraddistingue le sue isole. In realtà, l’area dei Caraibi è al tempo stesso anche una delle più attive sul piano delle agevolazioni fiscali e dell’attrattiva per investimenti e trasferimenti. Molte isole dei Caraibi sono infatti veri e propri “paradisi” fiscali oltre che naturali. Si possono trovare nell’area caraibica un coacervo di isole e piccoli Stati che offrono diversi tipi di agevolazioni fiscali, esenzione fiscale totale su redditi o capital gain, alti livelli di riservatezza e privacy, ma anche programmi di residenza e di cittadinanza molto vantaggiosi.
Si tratta infatti di Paesi generalmente piccoli e privi di risorse, che hanno cercato di sopperire a tali mancanze unendo l’attrattiva turistica con quella fiscale al fine di attirare investimenti, denaro e uomini di affari da tutto il mondo. Cercheremo in questo articolo di selezionare e raccontare i paradisi caraibici che riteniamo i più interessanti per ognuno degli aspetti e dei vantaggi considerati.
I vantaggi delle Isole Caraibiche
Antigua e Barbuda
Lo Stato di Antigua e Barbuda è una Nazione composta da due isole, facente parte del Commonwealth britannico. Esso è forse uno degli esempi più lampanti del tentativo riuscito di attirare investimenti e capitali esteri per sopperire alla carenza di risorse del Paese e per offrire un’opportunità di diversificazione rispetto a un’economia incentrata essenzialmente sul turismo.
A partire dal nuovo millennio, infatti, Antigua e Barbuda ha dovuto affrontare una sensibile contrazione del settore turistico, che stava cagionando danni economici non indifferenti, che ha spinto il Governo a puntare sull’attrattiva fiscale col fine di attirare capitali, società e uomini d’affari.
Il secondo decennio del nuovo millennio è stato il momento cruciale di questa inversione di tendenza: Antigua e Barbuda ha dapprima favorito l’insediamento nelle isole di importanti istituti bancari come la Bank of America, la Barclay’s e la Scotia Bank, trasformando il Paese in un importante centro finanziario. Nel 2013 ha poi avviato il suo primo CBI Program, con una serie di opzioni di investimento nel Paese per ottenere il passaporto e quindi una seconda cittadinanza; nel 2016 ha invece abolito la tassazione sui redditi delle persone fisiche, creando un ulteriore incentivo per il trasferimento nel Paese da parte di stranieri facoltosi. Sono anche state istituite le cosiddette “IBC” (International Business Companies), che beneficiano della totale esenzione fiscale per operare sul territorio di Antingua.
Forte di una normativa che garantiva riservatezza dei dati e uno scarso scambio di informazioni, Antigua e Barbuda è stata inserita nella black list dall’Unione Europea sulla trasparenza fiscale, inducendo il Governo del Paese ad aderire al CRS e a sottoscrivere una Convenzione di mutua assistenza con l’OCSE e l’UE, ottenendo la cancellazione dalla black list nel maggio del 2019.
Già dal 2007, inoltre, Antigua e Barbuda ha istituito una sua legge trust che garantisce forte riservatezza (esiste un registro dei trust dove, tuttavia, è obbligatorio indicare solo il nome del trust e quello del trustee, restando anonimi il disponente e i beneficiari) e una ampia protezione patrimoniale, che passa anche dal non riconoscimento delle sentenze straniere che impedisce ad eventuali creditori di avviare azioni legali nel Paese.
Tali circostanze hanno reso Antigua e Barbuda uno dei Paesi caraibici più attraenti per imprenditori e investitori che intendono trasferire capitali ma anche se stessi e le proprie famiglie nello Stato caraibico, garantendo altresì una costante e inesorabile crescita del PIL (con l’unica inevitabile eccezione del 2020 a causa della pandemia), che risulta infatti raddoppiato rispetto al 2012.
St. Kitts and Nevis
Per diversi aspetti simile ad Antigua e Barbuda è la storia di un altro Stato caraibico: St. Kitts and Nevis. Anch’esso composto di 2 isole e parte integrante del Commonwealth britannico, anche St. Kitts and Nevis ha avviato una strategia economica basata sui sistemi finanziari offshore per aiutare un’economia basata sul turismo e l’esportazione di zucchero, in progressivo declino negli ultimi decenni.
Anch’esso ha inoltre avviato, a partire dal 2010, una profonda e radicale riforma fiscale per incentivare l’arrivo di capitali esteri: i redditi personali sono esenti, mentre le società pagano un’imposta del 33%. Una generale esenzione per i redditi societari prodotti fuori dal Paese rende però St. Kitts and Nevis piuttosto attrattiva per le holding.
Ugualmente esenti sono anche i trust internazionali, istituiti nella forma di Nevis International Exempt Trust: tali trust non pagano alcuna imposta né sulla proprietà né su eventuali redditi o utili da essa derivati. I registri dei titolari e dei dati del trust sono riservati e accessibili solo con autorizzazione dell’autorità giudiziaria, ma anche St. Kitts and Nevis non riconosce le sentenze straniere e per avviare una causa in loco dall’estero è necessario versare una cauzione non inferiore a 100.000 dollari. Circostanze e requisiti che garantiscono una forte protezione degli assets patrimoniali affidati ad un trust di Nevis.
Anche St. Kitts. and Nevis, infine, offre un programma di residenza permanente e soprattutto un CBI Program che consente di ottenere agevolmente e in tempi relativamente rapidi il passaporto del Paese attraverso un semplice investimento in fondi pubblici o in real estate, che risulta ad oggi più oneroso di quello di Antigua ma garantisce anche un maggior numero di Paesi in cui è consentito l’ingresso Visa free.
Bahamas
Le isole Bahamas sono probabilmente le più famose del mare caraibico, conosciute a tutti per i Paesaggi incantati, il mare cristallino e la location che per antonomasia definisce il concetto di “Caraibi”. In pochi invece conoscono gli aspetti fiscali e le opportunità di business che tali isole possono offrire. Accanto alle spiagge bianche, infatti, Bahamas presenta anche uno degli hub finanziari più interessanti dell’area e soprattutto uno dei centri offshore più attivi.
La ragione principale sta nel fatto che Bahamas ha saputo rendersi appetibile per le società estere grazie a un sistema fiscale sostanzialmente nullo: non esiste un’imposta sui redditi personali, né sulle società, né su interessi, dividendi, capital gains, successioni. L’unica imposta esistente è l’IVA, assestata al 10%. Il Governo si garantisce le entrate fiscali attraverso un sofisticato sistema di imposizione indiretta, fatta di licenze commerciali, dazi doganali e accise.
Inoltre, Bahamas è il Paese caraibico che forse più di ogni altro riesce a garantire la riservatezza dei dati e il mancato scambio di informazioni con l’estero. Infatti, pur aderendo formalmente al CRS, pur avendo stipulato numerosi accordi bilaterali con gli altri Paesi e disponendo addirittura di un registro dei titolari (chiamato “Registro delle proprietà effettive”, istituito però solo nel 2018), in realtà lo scambio di informazioni è estremamente difficoltoso in quanto il registro non è accessibile al pubblico ma solo da un ufficiale appositamente designato per specifiche motivazioni; il che implica che nessuna autorità straniera può avere accesso ai dati. Di conseguenza, Bahamas formalmente scambia dati con l’estero, ma non ha dati da scambiare.
Anche i trust godono di un alto livello di protezione, non solo a livello di privacy ma anche per quanto riguarda la tutela patrimoniale: oltre ad essere esenti da tassazione e protetti dal mancato riconoscimento delle sentenze straniere, la legge bahamense prevede anche un breve termine di prescrizione per l’azione giudiziaria dei creditori del trust, che equivale ad appena 2 anni dal trasferimento dei beni nel trust.
Di contro, le Bahamas sono certamente meno attrattive in termini di trasferimento in loco: non esiste infatti un programma di investimento per la cittadinanza, che si può ottenere solo con il prolungamento della residenza permanente per almeno 10 anni, e l’ottenimento della residenza fornisce diverse opzioni ma sono generalmente piuttosto onerose (non meno di 750.000 dollari).
Le Isole Cayman
Certamente più famose per le dinamiche offshore che per le sue spiagge sono invece le Isole Cayman, considerato dall’opinione pubblica il “paradiso fiscale” per eccellenza.
Le Isole Cayman sono un arcipelago di tre isole (Gran Cayman, Little Cayman e Cayman Brac) situate tra Cuba e la Giamaica, parte dei territori d’oltremare britannici. Come tali non costituiscono un territorio autonomo, ma godono di un certo grado di autonomia legislativa soprattutto in ambito fiscale. In effetti, l’esenzione dalle imposte dirette nelle isole è stata concessa a fine ‘700 da Re Giorgio III ed è rimasta fino ai giorni nostri.
Pur puntando molto sul turismo, come tutte le altre isole dell’area, il vero core business delle isole è il settore bancario e finanziario, estremamente diffuso e sviluppato, così come l’attività offshore. Le isole ospitano infatti la sede di numerose banche, agenzie assicurative, trust e società offshore. Come per le Bahamas, anche alle Isole Cayman non esiste alcuna forma di tassazione diretta e i proventi dello Stato arrivano essenzialmente da licenze commerciali, dazi e accise di vario tipo.
A rendere però così attrattive le isole per capitali e investimenti esteri è la struttura di raccolta, scambio e controllo sui dati e le informazioni personali e societarie, la quale è estremamente scarsa e farraginosa. I controlli sono quasi inesistenti, gli obblighi di tenuta contabile e di registrazione dei dati sono pressoché inesistenti e anche per quei pochi che esistono non sono previste sanzioni per il mancato adempimento.
Soprattutto con riferimento ai trust (nelle forme dello “STAR Trust”), non esiste alcun obbligo di comunicazione di dati né di registrazione, al punto che individuare i titolari effettivi di tali strutture giuridiche è pressoché impossibile. Per tali ragioni, anche eventuali accordi bilaterali sullo scambio di informazioni (che non mancano) risultano in realtà del tutto inefficaci.
Tali circostanze hanno così contribuito ad attirare ingenti capitali dall’estero, anche per scopi non legali, e a mettere le isole in cima alla lista dei Paesi “attenzionati” dalle autorità fiscali di tutto il mondo. Questo ha provocato un iniziale decremento del PIL del Paese e la fuga di diversi investitori negli ultimi decenni che ha però visto un’inversione di tendenza a partire dall’era post Covid. L’attrattiva del sistema fiscale delle Cayman è peraltro dimostrata dal fatto che le isole, che contano meno di 70 mila abitanti, nel 2023 hanno registrato un PIL di circa 85 mila miliardi di dollari (quello di Antigua e Barbuda, per fare un paragone, è stato di 2 mila miliardi).
Di conseguenza, le Isole Cayman godono dello standard di vita più alto di tutti i Caraibi e di conseguenza anche il costo della vita è sensibilmente più alto che nel resto del Golfo del Messico.
Ciò comporta anche un sensibile aumento dei requisiti economici per ottenere la residenza permanente: è possibile ottenere un visto di residenza tramite l’investimento in un’attività lavorativa in loco, che non deve essere inferiore a un milione e mezzo di euro, mentre il visto per “pensionati”, ossia per soggetti che non possono lavorare sull’isola e devono garantire l’autosufficienza economica, richiede di dimostrare un reddito annuo di almeno 150 mila dollari e il versamento su un conto caymanense di almeno mezzo milione di dollari, oltre ad un investimento obbligatorio di almeno 1 milione e 200 mila dollari.
Attraverso il visto di residenza è anche possibile accedere alla cittadinanza dopo 5 anni, ma in tal caso i costi di investimento appena visti sono raddoppiati.
Il trasferimento sulle isole non è quindi propriamente alla portata di tutti ed è ciò che consente alle Cayman di mantenere degli standard economici così elevati. Di contro, la costituzione di società o di trust, con tutti i vantaggi visti in termini di riservatezza e protezione patrimoniale, risultano piuttosto semplici e veloci, al netto dei costi decisamente più elevati rispetto alle isole limitrofe.
Turks and Caicos
Decisamente meno conosciute, ma altrettanto interessanti, sono le Isole Turks and Caicos.
Situate a nord della Repubblica Dominicana, le Isole di Turks e Caicos sono anch’esse territori d’oltremare britannici dove vige la più assoluta esenzione fiscale su redditi, società, utili, guadagni di capitale e successioni. Di conseguenza, sono presto diventate anch’esse un hub importante per la finanza offshore e dove assiste ad un proliferare di istituti finanziari, holding e trust. Soprattutto questi ultimi godono di un elevato tasso di protezione sia a livello di dati (non esistono regole in tema di registrazione, che è dunque rimessa alla volontà del disponente e del trustee) sia a livello di tutela patrimoniale (per le consuete limitazioni alle azioni dei creditori esteri).
Pur aderendo al CRS dal 2017, Turks and Caicos non hanno stipulato alcun accordo sulla doppia imposizione e gli attuali accordi bilaterali sullo scambio informativo non comprendono lo scambio per questioni legate ai reati fiscali, circostanza che li rende particolarmente inefficaci e costituisce anzi un incentivo per il trasferimento in loco di attività illecite.
I requisiti per la residenza sono più abbordabili che alle Isole Cayman: è necessario dimostrare l’autosufficienza economica e la disponibilità di un’abitazione (di proprietà o in affitto) per ottenere un permesso temporaneo (da uno a tre anni) che può essere rinnovato finché permangono i requisiti; dopo 10 anni, si può chiedere di tramutare tale visto in una residenza permanente.
C’è anche la possibilità di ottenere la residenza permanente per investimento, dall’ammontare di circa € 300.000 se si tratta di real estate e di circa € 750.000 se si investe in una società. In tal caso non è neppure necessaria la presenza fisica sulle isole.
In tutti i casi, dopo 5 anni di residenza permanente è possibile ottenere il passaporto.
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In conclusione
L’area caraibica è sicuramente una delle più attive per quanto riguarda l’attrazione di capitali esteri e l’offerta di residenze e passaporti per stranieri. I Caraibi offrono infatti un’ampia scelta in tal senso, consente a chi ha interesse ad avviare un business all’estero o a strutturare un piano B per sé e la propria famiglia una grande gamma di opportunità. È però importante affidarsi ad esperti del settore, che abbiano contatti diretti in loco, sia per ottenere una consulenza personalizzata, capace di individuare la scelta più adatta agli obiettivi del cliente, sia per assicurarsi un supporto concreto ed efficace per l’espletamento di tutte le procedure.
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