In occasione del sedicesimo vertice annuale dei BRICS, summit dei capi di Stato che quest’anno si tiene in Russia nella città di Kazan dal 22 al 24 Ottobre per discutere di temi cruciali per il futuro delle relazioni economiche internazionali, ripercorriamo in questo articolo la storia, la costituzione e le prospettive di questo gruppo di Paesi fino ai giorni nostri.
Da BRIC a BRICS
Fondato nel 2006 a margine dell’Assemblea Generale dell’ONU, il gruppo BRIC comprendeva originariamente il Brasile, la Russia, l’India e la Cina; nel 2010 con l’aggiunta del Sud Africa si sono formati i BRICS, di cui attualmente fanno parte formalmente anche l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, l’Etiopia e l’Iran.
L’Arabia Saudita, pur avendo ricevuto nel gennaio 2024 l’invito per entrare a far parte dell’organizzazione, non ha ancora ufficialmente aderito ai BRICS, mentre l’Argentina, dopo aver presentato richiesta, con il nuovo governo ha poi dichiarato di non voler aderire.
Altri Paesi, tra cui Algeria, Bolivia, Cuba, Indonesia, Thailandia, Vietnam, Nigeria, Senegal e Venezuela, risultano in attesa di accettazione. Si tratta per lo più di Paesi con una forte crescita demografica e che esercitano una certa influenza sulle rispettive regioni geoeconomiche.
Inizialmente inclusi tra i Paesi maggiori azionisti del Fondo Monetario Internazionale, insieme a Stati Uniti d’America, Giappone e ai quattro Paesi più popolati dell’Unione europea (Francia, Germania, Italia e Regno Unito), se ne distaccarono in occasione del vertice in Brasile del 2014 a seguito della mancata ripartizione delle quote giacenti presso il Congresso degli Stati Uniti, dando vita a una propria strutturazione finanziaria autonoma alternativa al FMI, la New Development Bank.
L'acronimo "BRIC"
Coniato già nel 2001 dall'economista della Goldman Sachs Jim O'Neill.
Descrive l'economia di questi Paesi in rapida crescita.
Paesi che avrebbero dominato collettivamente l'economia globale entro il 2050.
Le caratteristiche principali di questi Paesi
Le caratteristiche principali di questi Paesi sono rappresentate da una situazione economica in via di sviluppo e abbondanti risorse naturali strategiche, oltre a una forte crescita del prodotto interno lordo (PIL) e al peso nel commercio mondiale, specie agli inizi del XXI secolo.
Questi Paesi infatti costituiscono una fetta significativa dell’economia globale: ad oggi i Brics rappresentano più del 36% del Prodotto interno lordo mondiale e il 45% della popolazione della Terra; tutti insieme i Paesi del G7 vicini agli Usa e agli interessi occidentali superano di poco il 30%.
I Brics si propongono di costruire un sistema commerciale e finanziario globale attraverso accordi bilaterali con il lancio di una nuova moneta, potenzialmente condivisa o tramite l’incremento dell’utilizzo delle valute nazionali negli scambi commerciali tra i Paesi membri, con l’obiettivo di ridurre progressivamente la dipendenza dal dollaro statunitense.
Il Summit
Uno dei temi centrali del summit verte sulla proposta di creare un’alternativa al Fondo Monetario Internazionale “per contrastare la pressione politica delle nazioni occidentali”, iniziata con l’istituzione appunto nel 2015 della New Development Bank per finanziare progetti infrastrutturali e di sviluppo sostenibile per i membri dei Brics e altre economie emergenti.
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Obiettivi comuni, posizioni diverse
La progressiva espansione dei Brics ha permesso al gruppo di acquisire una maggiore rappresentatività geografica, accentuando il suo carattere dinamico e multipolare, ma proprio per questo motivo non bisogna considerare i BRICS come un blocco omogeneo in grado di affermare un’univoca concezione alternativa dell’ordine mondiale.
Le diversità tra i Paesi sono profonde: Pil, commercio estero, politiche militari, dimensioni territoriali, disponibilità di risorse naturali e criticità interne sono variabili che possono essere fonte di tensioni e di divisioni all’interno dei Brics, sia sul piano politico che di prosperità economica.
Tutto ciò poi si riflette in ambito geopolitico, in particolare nelle differenti posizioni sull’approccio nei confronti dell’Occidente “avversario” e in merito ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente.
Nonostante al momento il potenziale per competere a livello geopolitico ed economico resti in parte inespresso, non è detto che il summit non riesca a contribuire non tanto a una rivoluzione dell’ordine mondiale, quanto piuttosto a una sua riforma a livello globale, avvertita come sempre più necessaria.
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