Panoramica sui Paesi del Golfo: opportunità e tassazione

Negli ultimi decenni si stanno affermano sullo scenario mondiale numerosi “paesi emergenti” che stanno facendo dell’innovazione, della ricchezza economica ma anche dell’attrattiva per le attività offshore – passando dalle agevolazioni per le imprese e gli investimenti fino alle agevolazioni fiscali e tributarie – la loro principale arma per affermarsi nel mondo capitalista odierno come principali poli attrattivi di capitali e investimenti esteri.

Si è, ad esempio, parlato molto negli ultimi anni delle “tigri asiatiche”, ossia di Paesi del sud-est asiatico come Singapore, Hong Kong, Taiwan e Corea del Sud, oppure di numerose isole caraibiche come le Cayman, Antigua e Barbuda, St. Kitts and Nevis, ma anche alcuni microstati europei o le isole del Canale; uno dei luoghi più interessanti dove si sta però scatenando una vera e propria “battaglia” concorrenziale tra Paesi emergenti è sicuramente l’Area del Golfo Persico.

Qui, grazie soprattutto alla ricchezza di risorse naturali (petrolio e gas su tutte), al crocevia commerciale come collegamento tra tre continenti ma anche all’intervento di despoti “illuminati” che hanno imparato nel tempo a diversificare le proprie entrate, dirottandosi verso l’attrazione di capitali e investimenti esteri, si stanno affermando progressivamente diversi Paesi capaci di competere a livello globale con i più conosciuti paradisi fiscali cui siamo sempre stati abituati.

In questo articolo proveremo ad analizzare brevemente i 4 principali attori di questa “competizione” economica e fiscale: gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar, l’Oman e il Bahrain.

Principali vantaggi dei Paesi del Golfo Persico

Zero o basse tasse

Tassazione favorevole per imprese e individui, eccetto l’IVA.

Zone franche

Agevolazioni fiscali e proprietà al 100% nelle free zones.

Incentivi agli investimenti

Politiche proattive per attrarre capitali e investimenti esteri.

Emirati Arabi Uniti

Gli Emirati Arabi Uniti sono sicuramente il Paese più conosciuto, e più inflazionato, dell’Area del Golfo. Divenuto uno dei Paesi più ricchi del mondo grazie alle enormi riserve petrolifere e all’esigua popolazione, gli Emirati sono diventati uno dei principali poli attrattivi di capitali, investimenti e progetti avveniristici grazie agli sforzi di Mohammed bin Rashid Al Maktum, Emiro di Dubai e Vicepresidente di tutti gli Emirati.

I grossi investimenti praticati soprattutto nel settore turistico, del lusso e delle infrastrutture hanno reso gli Emirati Arabi Uniti, e in particolare la città di Dubai, oggetto di una crescita esponenziale che l’ha resa una delle principali mete per influencer, detentori di grossi patrimoni e grandi investitori internazionali.

Tassazione e fiscalità

Il Paese è anche aiutato nel suo progetto di diversificazione non solo dal tentativo del Governo di “occidentalizzare” il più possibile alcuni aspetti della società e della legislazione (creando corti giudiziarie apposite per gli stranieri, che non prevedono la Shar’ia, e in generale imponendo un certo livello di tolleranza verso i costumi occidentali) ma anche dall’esistenza di zone franche, da un sistema di tassazione essenzialmente di tipo territoriale e dalla totale assenza di imposte sui redditi delle persone fisiche.

Fino al 2023, oltretutto, anche le società erano esenti dalla tassazione; a partire da Giugno 2023, tuttavia, il Governo ha deciso di introdurre una Corporate tax, peraltro ispirata al world wide taxation principle, con un’aliquota del 9%. Restano comunque tutt’oggi esenti i capital gain, le royalties, gli interessi e le successioni (alle quali tuttavia si applica la legge coranica, a prescindere dalla nazionalità del defunto).

Incentivi per investitori e imprese

Il forte incentivo all’attrazione di capitali e investimenti esteri passa anche dalle numerose agevolazioni previste per l’apertura delle società nelle free zone e per l’istituzione nel Paese della propria residenza fiscale, spesso ottenibile con un banale investimento immobiliare ma anche semplicemente nominandosi amministratori di una società costituita in una delle free zone del Paese.

Tutti elementi che costituiscono una grande attrattiva per il Paese; non bisogna però dimenticare che si tratta di una dittatura che, per quanto “illuminata”, resta pur sempre una dittatura, dove anche avere un debito costituisce un reato e dove in ambito penale si applica la Shar’ia; ma soprattutto dove l’Emiro può, in qualunque momento e senza alcun vincolo od obbligo, stravolgere le regole da lui stesso create spesso senza alcun preavviso, come del resto accaduto proprio in occasione dell’introduzione della Corporate Tax.

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Qatar

Subito dopo gli EAU, a livello di fama troviamo sicuramente il Qatar. Divenuto conosciuto al grande pubblico soprattutto a partire dal 2022, anno in cui ha ospitato i Mondiali di calcio, il Qatar è un Paese per certi versi speculare agli Emirati Arabi: divenuto ricco grazie alle riserve petrolifere, ha poi scelto di muoversi anch’esso verso la diversificazione delle entrate, puntando all’attrazione dei capitali e degli investimenti esteri e alle grosse manifestazioni sportive, come proprio i mondiali di calcio ma anche la Formula 1 (il circuito di Lusail, a Doha, è stato inaugurato nel 2004 per la moto GP ed è parte del campionato mondiale di Formula 1 dal 2021).

Tassazione e accessibilità

Il Qatar gode poi di un sistema di tassazione territoriale, dove i redditi delle persone fisiche sono esentasse mentre le società sono assoggettate a un’aliquota pari al 10% ma solo per i proventi prodotti all’interno del Paese. Non esistono tasse di successione, mentre interessi, royalties e capital gain prevedono un’aliquota che va dal 5% al 10%.

A differenza degli EAU, però, il Qatar è più difficilmente accessibile sul piano della residenza: esiste un visto di lavoro, assoggettato ad uno sponsor che funge da garante, mentre la residenza permanente è concessa solo a chi risiede nel Paese già da almeno 20 anni (che diventano 10 se sei nato in Qatar).

Considerazioni

Anche in Qatar, inoltre, si applica la Shar’ia, ma non esistono Corti internazionali apposite per gli stranieri e la tolleranza verso le abitudini di immigrati e turisti è decisamente inferiore a quanto accade a Dubai, il che rende il Paese molto meno accattivante degli EAU per gli stranieri e sicuramente ancora meno “evoluto” da questo punto di vista. Nello stesso senso, anche l’attenzione verso i diritti umani e le libertà è ben al di sotto degli standard occidentali.

Oman

Meno conosciuto, ma altrettanto all’avanguardia, è invece l’Oman. Così come EAU e Qatar, anche l’Oman è una monarchia assoluta di stampo islamico, che ha fatto la sua fortuna grazie ai giacimenti petroliferi; a differenza degli altri due Paesi, però, le riserve di greggio sono in rapido esaurimento e quindi da tempo l’Oman ha dovuto puntare alla diversificazione delle entrate più per necessità che per scelta.

Tassazione e accessibilità

Il risultato è che l’Oman è oggi il Paese del Golfo con il più alto carico fiscale dell’area. Il sistema di tassazione si basa sul Worldwide principle, l’aliquota fiscale delle società è la più alta dell’area (15%) e anche interessi, royalties, dividendi e capital gain sono assoggettati a un’aliquota che va dal 10 al 15%. Le società straniere senza stabile organizzazione nel Paese, inoltre, sono assoggettate alla ritenuta alla fonte per ogni tipo di corrispettivo.

Solo i redditi personali non sono tassati, anche se proposte molto recenti stanno invece valutando l’introduzione di un’imposta anche sui redditi delle persone fisiche. Un vantaggio dell’Oman sul piano fiscale e di scambio informativo è però che il Paese ad oggi non ha ancora aderito al sistema CRS (quindi non scambia dati e informazioni in automatico), e che vige ancora oggi una certa riservatezza bancaria.

Tuttavia, costituire una società in Oman non è così semplice e si va incontro a determinati limiti e requisiti, in particolare un capitale minimo che supera i 300 mila euro e l’obbligo di garantire una quota di proprietà a un soggetto omanita pari al 30%.

Considerazioni

Trattandosi, infine, di una monarchia ereditaria fondata sulla Shar’ia, il Paese non eccelle per nulla in termini di libertà e diritti umani e resta anch’esso, come il Qatar, meno tollerante con gli stranieri e le abitudini occidentali di quanto non lo siano gli EAU.

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Bahrain

Ancor meno conosciuto, ma decisamente interessante, è infine il Bahrain. Il Bahrain è una monarchia anch’essa ereditaria e islamica che si trova su un arcipelago composto da diverse isole minori e un’isola principale, chiamata appunto “Bahrain” (che in arabo significa “i due mari”).

Come tutti i Paesi del Golfo, il principale introito del Bahrain è nell’estrazione e nella raffinazione del petrolio, ma il Paese ha iniziato già da subito a tentare quella diversificazione e quell’attrazione di capitali esteri che ha caratterizzato la più famosa Dubai.

Tassazione e accessibilità

Il Bahrain è considerato a tutti gli effetti un paradiso fiscale: in esso non esiste alcuna forma di imposizione fiscale a parte l’imposta sul valore aggiunto, oggi assestata al 10%, mentre non esiste tassazione né sulle persone fisiche, né sulle persone giuridiche, né alcuna ritenuta alla fonte per dividendi, interessi o capital gains.

Oltretutto, in Bahrain, pur aderendo al CRS e pur essendosi progressivamente adeguato agli standard OCSE, tanto da essere attualmente fuori dalla Black List UE, in realtà le autorità non sono legittimate ad acquisire informazioni di natura contabile e fiscale dai contribuenti e l’invio delle informazioni finalizzate allo scambio avviene generalmente solo con il consenso dell’interessato.

Incentivi per investitori, imprese e residenza

Oltre a questi fattori attrattivi di carattere più puramente fiscale, il Bahrain è molto più all’avanguardia di Oman e Qatar quanto ad attrazione di imprese e investimenti esteri: l’apporto di denaro e lavoro dall’estero è estremamente incentivato ed agevolato, la tolleranza per i residenti stranieri è alta e il Paese gode infatti di un’alta percentuale di lavoratori e imprese estere in ogni settore; così come per Dubai, sono in atto grandi investimenti nelle infrastrutture e nell’edilizia, con particolare riguardo al settore del lusso, del turismo e dei trasporti, con l’obiettivo principale di raggiungere il livello di diversificazione necessario ad emanciparsi dall’industria del petrolio (l’unico settore ad essere tassato nel Paese).

Costituire società e prendere la residenza nel Paese non è affatto complicato, ma anzi ben visto dalle istituzioni del Bahrain. È possibile ottenere il tax certificate del Bahrain garantendo la presenza nel Paese per appena 90 giorni l’anno. Come risvolto della medaglia, il Bahrain è però ad oggi il Paese con il costo della vita più alto dell’area e quindi anche i requisiti economici per trasferirvi la residenza sono decisamente più alti che altrove: è possibile ad esempio acquistare un immobile come a Dubai, ma la spesa minima ammonta ad € 500.000; è anche possibile ottenere la residenza dimostrando di avere delle entrate fisse per mantenersi, che però devono essere almeno pari a € 5.000,00 al mese per uno stipendio e € 10.000,00 per una pensione.

Considerazioni

Anche in Bahrain vige la Shar’ia e il Paese è stato più volte denunciato in sede internazionale per la violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, oltre che per l’abuso della tortura e della pena di morte. Resta il fatto che tali problematiche riguardano essenzialmente i cittadini bahrainiti, mentre le autorità sono relativamente tolleranti e permissive con gli stranieri e i turisti.

Al di là dei costi e dello stile di vita non accessibile a tutti, il Bahrain sta costruendo il suo futuro con le stesse modalità già affrontate da Dubai, e resta quindi un’ottima alternativa a Dubai per chi ama quel tipo lifestyle e vuole godere di benefici fiscali anche superiori a quelli previsti nella più famosa, e più inflazionata, città emiratina.

In conclusione

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