Gli equilibri geopolitici mondiali sono in una fase di forte sconvolgimento negli ultimi decenni, che si sta progressivamente acuendo e sta scuotendo gli assetti e le attribuzioni di influenze tra le grandi potenze.
La fine del breve periodo di monopolio detenuto dall’Occidente, capeggiato dagli Stati Uniti d’America, iniziato con il crollo dell’URSS e persistito all’incirca fino al primo decennio del nuovo millennio, è un ricordo lontano.
Da un lato l’Occidente sta vivendo ormai da decenni un periodo di declino politico ed economico che ha tolto all’Europa e agli Stati Uniti quel ruolo di “centro del mondo” che aveva caratterizzato larga parte della storia recente; dall’altro, altre grandi potenze hanno visto una esponenziale crescita sia sul piano economico che su quello dell’influenza politica e diplomatica che ha reso possibile al “sud del mondo” affacciarsi al tavolo delle grandi potenze e sfidare l’egemonia occidentale sulle principali scacchiere strategiche.
L'emergere del BRICS e le ricadute economiche
Dalla nascita del BRICS, un’alleanza creata per sostituire l’egemonia occidentale con un “nuovo ordine mondiale” guidato principalmente da Russia e Cina, si è assistito all’emergere di altre grandi potenze come Brasile, India e, in parte, Sudafrica. Questi Paesi hanno anche cercato di sostituire il dollaro americano come valuta di riferimento del sistema economico internazionale.
Inoltre, il riaccendersi delle tensioni lungo la vecchia “Cortina di Ferro”, causato dall’invasione russa dell’Ucraina, e l’evidente affermazione della Cina come maggiore colosso economico e produttivo del mondo stanno accelerando il cambiamento. Di conseguenza, il sistema internazionale si sta spostando sempre più verso un nuovo equilibrio di potere, a favore di quelle che un tempo erano considerate potenze del “secondo mondo”, a scapito di quelle del “primo”.
Un simile scenario non ha solo le più scontate ricadute geopolitiche e diplomatiche del caso, ma incide in maniera profonda anche sugli aspetti più marcatamente economici, spostando in modo anche determinante le possibili opportunità di business dovute alla riallocazione degli investimenti e degli interessi economici, derivate dal tentativo delle nuove potenze di individuare nuovi potenziali partner commerciali verso cui dirottare i propri investimenti in cambio dell’acquisizione di maggiore influenza e prestigio verso i nuovi Paesi emergenti.
Opportunità straordinarie nel cuore dell'Africa
Ricchezze naturali inestimabili
L'Africa detiene due terzi delle miniere d'oro e il 70% delle miniere di diamanti.
Crescita demografica
Entro il 2050, l'Africa avrà oltre 2,1 miliardi di abitanti, giovani e in crescita.
Investimenti internazionali
Attori globali aumentano gli investimenti, promuovendo sviluppo economico e industriale.
I legami tra Cina e Africa
Il principale luogo di “scontro” tra potenze vecchie e nuove è certamente il continente africano.
In questa ottica deve, infatti, leggersi non solo il sempre più insistente intervento della Russia (e delle sue milizie private) negli affari politici e militari degli Stati Africani che ha favorito i numerosi colpi di Stato verificatisi nel periodo recente (Niger, Sudan, Mali, Gabon, Guinea e Burkina Faso solo negli ultimi 3 anni), ma anche la progressiva creazione del legame sempre più stretto che la principale potenza antagonista dell’Occidente, la Cina, sta cercando di instaurare con il continente africano.
Il Forum of Chinese-African Cooperation (FOCAC) e gli investimenti cinesi
Il legame è stato confermato durante il nono summit della serie “Forum of Chinese-African Cooperation – FOCAC“, tenutosi recentemente a Beijing e presieduto dal Presidente Xi Jinping. Il successo di questo summit rappresenta la conferma di una strategia geopolitica in atto da tempo: negli ultimi anni, il continente africano si è progressivamente allontanato dall’influenza storica europea (principalmente francese) per avvicinarsi alla Cina, che da tempo corteggia i governi africani con grandi promesse di sviluppo industriale e commerciale.
Durante il summit, le promesse della Cina sembrano essersi trasformate in azioni concrete. Non solo Pechino ha proposto un rafforzamento dei legami commerciali tra gli Stati africani, con particolare attenzione alla creazione di una zona di libero scambio interafricana priva di dazi (l’African Continental Free Trade Area – AfCFTA, ispirata all’Unione Europea), ma ha anche ribadito il suo impegno a stanziare almeno 50 miliardi di dollari per lo sviluppo del settore industriale africano. Questa somma, sebbene ridotta rispetto alle aspettative iniziali a causa della crisi economica che ha colpito la Cina negli ultimi anni, rappresenta comunque un importante investimento.
Il successo della strategia cinese
La decisione della Cina è stata accolta con favore dalle popolazioni e dai governi africani, nonostante in passato anche le potenze occidentali abbiano fatto tentativi simili. La differenza sostanziale è che l‘Unione Europea si mostra sempre meno propensa a favorire gli investimenti nei Paesi in via di sviluppo, ma come contropartita richiede rigorosi requisiti in merito allo sviluppo democratico, al controllo della validità delle elezioni e al rispetto dei diritti umani. Requisiti che, invece, non sembrano interessare alla Cina.
Questa differente strategia sta ottenendo un successo inevitabile in un mondo sempre più instabile e sempre più refrattario alle strutture democratiche imposte dall’Occidente. La Cina presenta la sua azione come una promozione della “libertà” assoluta dei popoli e delle decisioni dei sovrani legittimi, ma nasconde il preciso intento di guadagnare la fedeltà – se non la subordinazione – dei Paesi non allineati.
Oltre alle conseguenze politiche, questa strategia sta creando enormi opportunità per il business internazionale. Il continente africano, pur essendo estremamente ricco di risorse naturali, soffre ancora di una mancanza di infrastrutture, tecnologie e manodopera specializzata per sfruttarle appieno, anche a causa del lungo periodo di sfruttamento coloniale.
Le risorse naturali e demografiche dell'Africa
Attualmente, l’Africa possiede due terzi delle miniere d’oro del mondo, il 70% delle miniere di diamanti, metà delle riserve globali di manganese e cobalto – essenziale per la produzione di smartphone – e un terzo dei fosfati, delle terre rare e dell’uranio. Tuttavia, solo il 20% di queste risorse rimane nel continente, mentre il restante 80% viene esportato per alimentare i mercati stranieri.
Inoltre, l’Africa possiede un enorme potenziale demografico. Secondo i dati di “Save the Children”, entro il 2030 oltre il 40% della popolazione giovanile mondiale sarà africana ed entro il 2050 l’Africa rappresenterà più del 25% della popolazione globale. La Nigeria, in particolare, è destinata a diventare il terzo Paese più popoloso al mondo, dopo Cina e India. Si prevede un incremento della popolazione africana fino a 2,1 miliardi di persone, con un’età media inferiore ai 25 anni.
Il potenziale del continente è enorme, e l’investimento promesso dalla Cina potrebbe contribuire alla creazione di infrastrutture e all’esportazione del know-how necessario per favorire lo sviluppo industriale e commerciale dell’intera area africana. Diventa dunque inevitabile aspettarci che una simile operazione possa offrire agli investitori e agli imprenditori enormi opportunità di business, aprendo le porte a un mercato emergente con potenzialità superiori a quelle dell’Occidente, oggi in inevitabile declino.
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Non solo la Cina
Peraltro, proprio tali condizioni e l’inevitabile ascesa del continente hanno favorito non solo l’intervento cinese, ma hanno anche riacceso un rinnovato interesse nell’area da parte di molti altri attori internazionali. Gli stessi Stati Uniti stanno aumentando il valore degli investimenti in Africa, principalmente in un’ottica geopolitica, con l’obiettivo di contenere l’espansione e l’influenza di Pechino e di Mosca. Inoltre, molti altri attori emergenti vedono nel continente africano una “gallina dalle uova d’oro” da sfruttare per una crescita economica e industriale.
Paesi come India, Giappone e Corea del Sud, per quanto riguarda l’area asiatica, e Emirati Arabi, Arabia Saudita, Qatar e Turchia, per l’area medio-orientale, stanno progressivamente aumentando i propri investimenti in Africa. Anche il Brasile, forte della cooperazione stabile con il Sud Africa, sta incrementando i propri investimenti nel continente. Questo interesse crescente favorisce ulteriormente lo sviluppo e le opportunità per molti Paesi africani, contribuendo anche alla crescita delle aziende locali e quindi del PIL dei rispettivi Paesi.
In conclusione
In questo contesto, l’Africa è sempre più corteggiata dai principali attori economici internazionali e sembra ormai totalmente uscita da quella condizione di “isolamento” economico che aveva caratterizzato il periodo pre e post-coloniale. Non è più un continente arretrato e abbandonato a se stesso, ma un’area emergente che, se saprà sfruttare gli investimenti e l’interesse del resto del mondo per superare l’arretratezza delle infrastrutture e la corruzione dilagante, potrà in futuro competere alla pari con il resto del mondo. Non esiste dunque momento migliore di questo per valutare le proprie opportunità di business in un mercato nuovo e pieno di potenzialità.
È sempre importante muoversi con cautela, soprattutto in situazioni ancora piene di incognite come questa; per questo è essenziale affidarsi ad esperti che possano prevedere i trend sul medio periodo, avere forti contatti in loco e le conoscenze necessarie per individuare l’effettiva percentuale di rischio e la soluzione più adatta alle specifiche esigenze di ognuno.
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