L'ascesa del Sud-Est asiatico: le "Tigri asiatiche" e non solo

Si sta inesorabilmente assistendo, ormai da diversi decenni, ad una progressiva perdita di influenza e di potere economico da parte del mondo occidentale, per secoli considerato la parte del mondo più ricca, potente e capace di trainare da sola l’intera economia mondiale, e al progressivo spostamento dei centri di influenza economica e dei capitali in altre aree del pianeta prima relegati in ruoli di secondo piano.

Ci stiamo infatti abituando a fare i conti con la nascita di potenze emergenti, e ormai sostanzialmente consolidate, come i colossi Cina e India, ma anche ad altri Paesi minori come il Sud Africa o il Brasile.

Accanto però a questi grandi Paesi, il nuovo millennio ha visto la rapida crescita anche di piccole realtà che, pur non avendo lo stesso peso geopolitico dei colossi cinese e indiano, hanno saputo acquisire un’influenza determinante sul piano più strettamente economico, sia a livello di attività industriale e di impresa che a livello di investimenti di capitale.

In particolare, dopo aver già parlato dei Paesi del Golfo Persico, nell’articolo di oggi tratteremo di alcuni di questi piccoli Paesi situati nell’area dell’Asia sud orientale e per queste ragioni conosciuti nel gergo giornalistico col nome di “tigri asiatiche”; cercheremo cioè di analizzare meglio sia le ragioni della crescita esponenziale di questi Paesi, sia di conoscere più nel dettaglio le particolarità di questi Stati a livello fiscale e sociale, con più specifico focus anche sulle possibili agevolazioni per la residenza o l’avvio di forme di business in loco.

Le “tigri asiatiche” sono generalmente 4: Taiwan, Corea del Sud, Hong Kong e Singapore; ad esse aggiungeremo però in questo articolo altri tre Paesi altrettanto interessanti dell’area: Macao, Brunei e Vietnam.

Vantaggi e opportunità nel Sud-est asiatico

Investimenti in settori chiave

Economia in rapido sviluppo, soprattutto in tecnologia e industrie innovative.

Vantaggi fiscali attraenti

Aliquote basse e agevolazioni per attrarre investimenti esteri e imprese.

Residenza e naturalizzazione

Programmi di residenza e cittadinanza per investitori e imprenditori.

1. Taiwan

Taiwan gode di una storia molto particolare. Storicamente parte dello Stato cinese, a seguito di alterne vicende che porteranno alla rivoluzione comunista in Cina, Taiwan si staccò dalla Cina continentale quando Chiang Kai-shek, allora legittimo governante della Cina, fu costretto a rifugiarsi sull’isola per sfuggire a Mao Ze Dong che, nel 1949, proclamò la nascita della Repubblica popolare cinese e spodestò il governo nazionalista, dichiarato illegittimo.

Da quel momento, nacque quella perenne diatriba tra i due governi, auto-considerati entrambi legittimi, che ancora oggi crea una delle tensioni geopolitiche più pericolose dello scenario mondiale. Basti pensare che, per i primi anni della sua esistenza, il seggio ONU affidato alla Cina era in realtà rappresentato dal Governo di Taiwan.

Economia e settore tecnologico

Proprio grazie agli iniziali investimenti ricevuti dagli Stati Uniti, nell’ottica di contrasto alla crescita del comunismo russo, l’isola di Taiwan ha saputo, sin dagli anni ‘50 e al di là delle questioni geopolitiche, sviluppare un’economia fiorente e in costante crescita, fondata inizialmente sull’industria tessile e poi sviluppatasi nel settore hi-tech. Taiwan è infatti oggi il principale esportatore di microchip al mondo e lo sviluppo del settore tecnologico e finanziario lo rendono ad oggi uno dei Paesi con il più alto PIL al mondo.

Vantaggi fiscali e opportunità di residenza

Grazie alla sua politica volta ad attrarre investimenti e capitali esteri con particolare riguardo all’innovazione, unita alla sostanziale stabilità politica ed economica che hanno reso questo piccolo Paese un vero e proprio colosso mondiale, Taiwan risulta tra i dodici Paesi più ricchi al mondo, al 4° posto nel mondo quale migliore destinazione per gli investimenti stranieri e al sesto posto della classifica delle economie più competitive del pianeta. Inoltre, è il quarto detentore di riserve forex al mondo (dietro solo a Cina, Giappone e Svizzera).

L’attrazione dei capitali esteri avviene sia per la presenza della tassazione più bassa di tutta l’Asia sugli investimenti, sia per l’enorme efficienza delle sue infrastrutture e della sua burocrazia, che aumenta la fiducia di mercati e investitori, sia per la facilità con cui si può accedere al credito, soprattutto per le piccole e medie imprese che, in Taiwan, sono quasi il 98% del totale. Inoltre, la tassazione sulle società è piuttosto bassa (il 20%).

L’attrazione di capitali e imprese estere passa anche per l’attrazione delle persone fisiche, che possono ottenere una residenza permanente non solo attraverso un contratto di lavoro ma anche aprendo una società in loco o più semplicemente versando 200 mila dollari su un conto taiwanese. Dopo 5 anni di residenza ininterrotta nel Paese, è poi possibile ottenere la cittadinanza di Taiwan (a patto che si rinunci alla propria, dato che Taiwan non riconosce la doppia cittadinanza).

Taiwan è anche ai primi posti nel mondo in tutte le classifiche relative alla sicurezza, ai servizi pubblici, all’efficienza del sistema amministrativo, circostanze che rendono la società taiwanese estremamente efficiente, sicura e stabile. Almeno, fino a che le pretese dell’altra Cina, quella continentale, non passeranno dalle minacce ai fatti…

2. Corea del Sud

La Corea del Sud è un altro dei Paesi del sud est asiatico che ha vissuto una costante e inesorabile crescita economica a partire dalla fine della guerra di Corea degli anni ‘50 dello scorso secolo, in netta contrapposizione con la rivale Corea del Nord, improntata invece ancora oggi a un sistema comunista e autarchico, scettico verso qualunque forma di apertura al mondo esterno.

In realtà, anche la Corea del Sud ha vissuto, almeno fino agli anni ’80, una politica essenzialmente protezionistica, con piani quinquennali, una finanza fortemente nazionalizzata e un costante intervento pubblico nell’economia. 

Settori di eccellenza ed incentivi

Dopo un periodo di crisi economica che ha caratterizzato il Paese almeno fino alla fine dello scorso millennio, la Corea del Sud si è progressivamente aperta al mercato estero, ha stipulato accordi di libero scambio con l’Occidente (nel 2011 sono stati aboliti i dazi doganali tra UE e Corea), si è puntato molto sul miglioramento delle infrastrutture e dei servizi.

Operazioni che hanno reso il Paese uno dei più ricchi e innovativi al mondo, tra i più sviluppati a livello di tecnologia, istruzione e welfare: basti pensare che la Corea del Sud oggi è la 12° economia mondiale, il 1° Paese nella produzione di schermi LCD, il 1° Paese per connessioni internet in banda larga nelle abitazioni (96% delle utenze), il 1° produttore di telefoni cellulari, è 2° al mondo per livello d’istruzione, 2° nella cantieristica navale, 3° produttore di semiconduttori, 6° nella ricerca tecnologica, 7° nel settore delle autovetture.

L’apertura ai mercati esteri è sfociata nel 2017 nella “Invest Korea Market Place”, un progetto di sviluppo e attrazione di start up innovative che sfrutta 36 uffici nel mondo per individuare i migliori progetti da finanziare e sviluppare nel Paese. Interessanti anche gli incentivi fiscali per le imprese: le aliquote vanno dal 9% al 24% a seconda dei redditi societari e sono previsti agevolazioni fiscali per gli investitori esteri, come esenzioni fiscali e doganali e tassi agevolati per i prestiti.

Anche la Corea prevede poi un programma di residenza per investimento che può arrivare fino a 240 mila dollari (da investire in società coreane) ed è prevista la naturalizzazione, ossia la possibilità di ottenere un passaporto coreano dopo 5 anni di residenza permanente nel Paese. Anche la Corea, però, non consente la doppia cittadinanza.

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3. Hong Kong

Hong Kong è una sorta di città-Stato, nata come ex colonia britannica ed oggi, di fatto, regione amministrativa speciale della Cina, dalla quale formalmente dipende ma rispetto alla quale gode di ampia autonomia in tutti i settori, esclusa la difesa e la politica estera.

Proprio grazie a tale autonomia, in particolare nel settore economico e fiscale, Hong Kong ha saputo progettare un modello di sviluppo che l’ha resa uno dei luoghi più densamente popolati al mondo e al contempo uno dei centri finanziari e commerciali più importanti e influenti del pianeta. L’economia di Hong Kong si basa sul libero mercato, il libero scambio e, grazie alla sua posizione strategica e a uno dei porti più grandi e attrezzati del mondo, sul commercio internazionale.

Sistema fiscale e opportunità di business

Con risorse naturali limitate, e comunque insufficienti al sostentamento dei 7 milioni e mezzo di abitanti che la abitano, Hong Kong ha puntato tutto sul settore terziario e in particolare sul sistema bancario e finanziario. Anche grazie all’adozione di appositi programmi pilota da parte di Pechino, Hong Kong è oggi la principale piazza offshore per il commercio internazionale, facilitata anche da una bassa imposizione fiscale per le imprese (l’aliquota standard è del 16,5%) e da una serie di normative di favore per chi intende stabilire nella città il centro del proprio business, come il principio di tassazione territoriale, l’esenzione per interessi, dividendi e capital gains ma anche la possibilità di emettere azioni al portatore, oltre che un alto livello di segretezza dei dati.

Tali condizioni hanno quindi favorito un sempre crescente sviluppo dell’economia e del commercio e una progressiva attrazione di capitali esteri, che hanno a loro volta consentito lo sviluppo della società, delle infrastrutture, del sistema sanitario e educativo, al punto da porre Hong Kong nei primi posti di tutti gli index e le classifiche mondiali dedicate a tali settori (è infatti sul podio di tutti gli University Ranking e negli index dedicati al sistema sanitario).

Proprio per attirare personalità e capitali esteri, anche Hong Kong incentiva il trasferimento nella città di stranieri attraverso un programma di residenza per investimento con particolare focus sul settore aziendale (ossia, presentando un piano aziendale dettagliato con finalità, budget, risorse finanziarie). Trattandosi però di una sorta di repubblica autonoma della Cina, non è possibile ottenere il passaporto di Hong Kong se non per diritto di nascita; non è quindi prevista la naturalizzazione.

4. Singapore

L’ultima delle quattro “tigri asiatiche” è Singapore. Altra “Città Stato” dell’Asia sud-orientale, passata dall’essere una colonia inglese ad autonoma nel 1959, poi annessa alla Malesia nel 1963 e tornata indipendente nel 1965, anche Singapore ha vissuto negli ultimi decenni una costante e stabile crescita economica, resasi competitiva grazie alla combinazione tra le politiche di supporto alle imprese e all’esportazione, ma anche a un forte intervento diretto dello Stato nelle partecipazioni societarie. Una programmazione solida e lungimirante che ha portato Singapore, oggi, ad essere il più importante centro finanziario dell’Asia e uno dei principali del mondo, dove il settore terziario e i servizi di consulenza alle imprese (legali, contabili, intermediari) la fanno da padrone.

Crescita economica e settori chiave

Quella di Singapore è considerata una delle dieci economie più libere del mondo ed è classificata come principale hub della logistica di tutto il pianeta. È al primo posto per tutti gli index che riguardano la sicurezza, l’efficienza dei servizi pubblici, la sanità e le infrastrutture.

La forte attrattiva per i capitali esteri e l’estrema efficienza del sistema del Paese permette a Singapore di mantenere un livello di tassazione piuttosto basso rispetto agli standard europei: le persone fisiche subiscono un’aliquota che non supera il 20% mentre le imprese scontano un’imposta del 17% e dividendi, interessi e capital gains sono generalmente esenti.

Inoltre, per gli imprenditori esteri sono previste numerose agevolazioni, come l’esenzione parziale o totale dalle ritenute per le royalties pagate ai non residenti, esenzione dalle imposte per un certo periodo di tempo dalla costituzione di una società in loco o l’esenzione dall’imposta sui primi 100.000 dollari di imponibile prodotto dalle start up nei primi 3 anni di attività.

Questo crea un circolo virtuoso che attira ulteriori capitali e nuove società, che apportano lavoro, innovazione, denaro, know-how nel Paese; tutte circostanze che contribuiscono alla crescita esponenziale di Singapore a livello sia economico che sociale, secondo una parabola incessante che non intende arrestarsi.

Tassazione e opportunità di residenza

Sempre nell’ottica di attirare capitali e lavoro dall’estero, Singapore ha adottato un Residence by Investiment Program rivolto a diverse categorie di persone facoltose: vi sono infatti numerose agevolazioni ma il programma non è esattamente accessibile a tutti, dato che i requisiti minimi variano da un fatturato di almeno 200 milioni dollari fino a 500 milioni o effettuare un investimento nel Paese che va dai 10 ai 50 milioni di dollari.

La cittadinanza può invece essere ottenuta per naturalizzazione, tramite il prolungamento della residenza permanente per 5 anni e poi per altri 2 anni, dimostrando di mantenere determinati requisiti; il passaporto di Singapore è peraltro oggi il primo al mondo. Singapore, tuttavia, non consente la doppia cittadinanza.

Risorse e opportunità delle altre 3 "tigri asiatiche"

Macao

Centro globale per il gioco e il turismo di lusso, con un'economia basata sull'intrattenimento.

Brunei

Stabilità economica grazie alle sue ricchezze petrolifere, con politiche fiscali vantaggiose e assenza di tasse sul reddito.

Vietnam

In rapida crescita grazie al settore manifatturiero e agli investimenti esteri, con politiche fiscali favorevoli e stabilità economica.

5. Macao

Hong Kong non è l’unica regione amministrativa speciale sotto il controllo cinese: una situazione politica simile è quella di Macao. Rimasta per lungo tempo sotto il controllo coloniale portoghese, Macao tornò sotto la sovranità cinese il 20 dicembre del 1999. L’accordo costituzionale con la Cina prevede che Macao mantenga la sua totale autonomia e il suo status di “porto libero” fino a dicembre del 2049.

Pur fondando il grosso della sua economia sul turismo e sull’industria dell’abbigliamento, Macao ha presto sviluppato, come Hong Kong, non solo una grossa rete commerciale internazionale grazie al suo porto franco, ma ben presto anche un suo settore bancario e finanziario, oggi uno dei più attivi dell’area.

Simili condizioni hanno permesso al piccolo Paese di garantire la pressione fiscale più bassa del sud est asiatico: l’aliquota per le società è del 12%, ma le società offshore sono esenti, mentre a livello di redditi professionali le somme corrisposte a soggetti non residenti scontano un’aliquota del 5% (e in generale la tassazione sui redditi delle persone fisiche è di tipo territoriale).

Ottenere un visto di residenza a Macao non è, però, semplicissimo: oltre al permesso di lavoro dipendente e a una residenza ad hoc prevista per i “talenti”, è possibile ottenere una residenza per investimento, dimostrando la capacità finanziaria di sostenere in maniera significativa un’impresa a Macao.

Come per Hong Kong, infine, non è previsto un programma di cittadinanza, essendo la stessa assimilata a quella cinese.

6. Brunei

Altrettanto poco trattato è poi il Sultanato islamico del Brunei. Situato nel Borneo, isola che condivide con la Malesia, il Paese è stato uno dei pochi dell’area a riuscire a mantenere la sua autonomia nei secoli, scongiurando la colonizzazione europea; divenuto un mero protettorato britannico, si dotò di una costituzione nel 1959 e divenne ben presto uno dei principali snodi commerciali che metteva in comunicazione Cina e India con l’Occidente.

La vera fortuna del Brunei è però sempre stata il petrolio, che insieme al gas liquido copre il 75% del PIL del Paese. A partire dal nuovo millennio, però, il Sultano ha deciso di seguire l’esempio delle tigri asiatiche e di lanciare un progetto (il Brunei International Financial Centre, BIFC) finalizzato a rendere il sultanato un vero e proprio hub mondiale della finanza, attraverso l’istituzione di forme societarie internazionali che godono di numerose agevolazioni fiscali (le aziende esportatrici scontano un’imposta di appena l’1%) ma soprattutto di tutela dei dati. 

Le società estere che operano nel Brunei sono tenute a una registrazione in loco ma non sussiste in genere alcun obbligo di indicare i nomi degli azionisti o dei soci; anche laddove sussiste, esso è facilmente aggirabile attraverso alcuni cavilli legislativi, primo fra tutti il limite dell’interesse legale domestico che di fatto impedisce alle autorità del Brunei di accedere ai registri. Inoltre, la normativa interna impedisce lo scambio di informazioni, il che significa che anche laddove il Brunei stipuli un TIEA’s, di fatto esso sarebbe inefficace. Possono inoltre essere emesse azioni al portatore, impedendo ai terzi di conoscere l’entità del possessore.

A fronte di questi vantaggi per imprenditori e investitori, a fare da contraltare è la normativa prevista per ottenere la residenza nel Paese, decisamente più proibitiva: non esiste un programma di residenza per investimento, di conseguenza l’unica possibilità è quella della residenza effettiva. Tuttavia, per poter fare una richiesta di residenza permanente è necessario risiedere nel Paese per 15 anni (che scendono a 10 se si è sposati con un cittadino del Brunei). Anche il Brunei, poi, non consente la doppia cittadinanza e in ogni caso non è prevista la naturalizzazione, né tantomeno un CBI Program.

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7. Vietnam

Conosciuto da tutti per essere stato uno dei più sanguinosi teatri di guerra dello scontro tra USA e URSS durante la Guerra Fredda, anche il Vietnam sta cercando di seguire le orme delle tigri asiatiche nel tentativo di rilanciare la sua economia ed attirare investimenti esteri, anche se si trova ancora piuttosto indietro sul piano sia economico che sociale.

Dopo il conflitto tra nord e sud e interi decenni di tentativi di ripresa, a partire dalla seconda metà degli anni ’80 il Vietnam ha cercato di emancipare la sua economia dalla sostanziale dipendenza dall’agricoltura per aprirsi ai mercati esteri, puntando soprattutto sul turismo e sull’industria, quest’ultima in grande sviluppo e dotata di grande potenzialità anche grazie a una popolazione mediamente giovane e ben scolarizzata. Il Vietnam ha il PIL in costante crescita dal 2000, con un tasso di crescita annuale che si avvicina alle 2 cifre.

Circostanze che rendono il Vietnam uno dei Paesi con più alto potenziale dell’area e probabilmente lo Stato più promettente in termini di crescita economica sul medio-lungo termine. Ad oggi, tuttavia, appare ancora poco sviluppato il settore finanziario.

Opportunità fiscali e di investimento

L’imposizione fiscale è altresì favorevole, con aliquote che generalmente non superano il 20%; i dividendi sono esenti e royalties, interessi e capital gain hanno aliquote fiscale che non vanno oltre il 10%. Il Governo ha poi previsto dal 2021 una serie di incentivi fiscali (quali il dimezzamento dell’imposta per un periodo che può arrivare anche a 10 anni) per le imprese nel settore dell’innovazione, della ricerca, della tecnologia, delle energie rinnovabili e l’educazione, proprio al fine di tenere il Paese al passo coi tempi moderni.

Inoltre, il Paese non è parte dell’accordo CRS, di conseguenza non scambia dati con l’estero ed è anche garantita una certa forma di segreto bancario.

Di contro, il Vietnam resta ancora piuttosto indietro sul piano dell’immigrazione: si può ottenere un permesso di residenza di soli 3 anni, rinnovabile una sola volta e solo a patto che si possieda un reddito sufficiente a mantenersi nel Paese; il che significa che non è possibile ottenere una residenza permanente e questo fattore ancora scoraggia gli investimenti esteri soprattutto di tipo imprenditoriale.

È altresì impossibile ottenere la cittadinanza per naturalizzazione ma solo per nascita e per matrimonio. Nemmeno il Vietnam consente la doppia cittadinanza.

In conclusione

L’elenco dei Paesi di questo articolo mostra come negli ultimi decenni si stia assistendo alla crescita di nuove potenze economiche e la nascita di nuovi centri di influenza globale che, fino a pochi decenni prima, erano relegati nella periferia del mondo e risultavano di scarso interesse per investitori e uomini d’affari. Nell’attuale mondo globalizzato le situazioni evolvono in modo estremamente repentino e a volte imprevedibile, motivo per cui restare informati e al passo con l’evoluzione degli eventi globali è divenuto ormai fondamentale per l’organizzazione di una strategia imprenditoriale e di investimento efficace e stabile sul medio lungo periodo.

Conoscere le diverse realtà, più o meno nuove ed emergenti, che caratterizzano questa costante evoluzione e questo repentino mutamento, è indispensabile per una programmazione di lungo respiro e per l’individuazione dei mercati e dei Paesi più adatti per il proprio business.

Il nostro studio legale, forte di decenni di esperienza nel campo e grazie alla sua costante opera di studio e aggiornamento di queste dinamiche, può aiutarti a individuare la strategia più adatta alle tue specifiche esigenze.

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