Common Reporting Standard (CRS): come funziona ed i Paesi esclusi

Il Common Reporting Standard (CRS) è un sistema sviluppato dall’OCSE per migliorare la trasparenza fiscale attraverso lo scambio automatico di informazioni finanziarie tra paesi. Mentre molti stati hanno adottato il CRS per combattere l’evasione fiscale e la criminalità organizzata, esistono ancora numerosi paesi che non partecipano a questo sistema.

In questo articolo, esploreremo come funziona il CRS, quali sono i suoi principali obiettivi e quali paesi sono esclusi dalla normativa, offrendo una panoramica completa su uno degli strumenti più importanti per la cooperazione fiscale internazionale.

La Privacy dei dati finanziari e lo scambio di informazioni

In un mondo in cui si vorrebbe tutelare sempre di più la privacy e i dati sensibili per mezzo di normative stringenti e complesse non si comprende come lo scambio di dati finanziari personali o aziendali non rivesta carattere di dato sensibile e non sia assolutamente tutelato, ma oggetto di scambio senza troppi controlli sul suo utilizzo.

In tema di normativa sullo scambio di informazioni fiscali e bancarie, sono numerosi gli accordi statali e i tentativi di rendere la fiscalità transazionale sempre più limpida, trasparente e comodamente accessibile alle varie autorità fiscali.

Gli accordi bilaterali

Il segreto più osteggiato dalle autorità fiscali è sempre stato il segreto bancario, ossia l’impossibilità per le autorità fiscali di sapere dagli istituti bancari l’esistenza e l’eventuale ammontare dei conti correnti esteri dei propri contribuenti.

Il sistema principale col quale gli Stati hanno cercato di superare questa difficoltà è stata la logica dell’accordo tra le parti, ossia la stipula, di volta in volta, di un accordo sullo scambio di informazioni con ogni singolo Stato.

Si trattava però di una pratica complessa, sia perché non era sempre possibile addivenire a un accordo efficiente con uno Stato, sia perché in questo modo ogni accordo aveva struttura, oggetto e caratteristiche diverse, che rendeva l’oggetto dello scambio informativo non omogeneo sul piano internazionale.

L'intervento dell'OCSE

Di fronte alle concrete difficoltà delle autorità di elaborare sistemi efficienti e uniformi di scambio di dati e informazioni attraverso mere convenzioni bilaterali, l’OCSE si è attivata nel tentativo di stabilire degli standard comuni sulle modalità di scambio, sui soggetti tenuti allo scambio e sui dati da scambiare, basandosi sulla propria esperienza nel campo. Questo ha portato alla creazione di schemi normativi cui tutti gli Stati potessero riferirsi e adottare in maniera automatica, senza dover stipulare accordi bilaterali tra singoli Stati.

Il risultato di questo lavoro si è concretizzato il 15 luglio 2014, quando l’OCSE ha approvato lo Standard for Automatic Exchange of Financial Account Information in Tax Matters. Questo standard ha stabilito norme comuni per lo scambio automatico di informazioni e ha delineato gli obblighi che gli intermediari finanziari devono rispettare, dando vita al cosiddetto Common Reporting Standard (CRS).

Gli obblighi del Common Reporting Standard

Modalità di scambio

Lo scambio automatico di informazioni finanziarie tra i Paesi aderenti.

Soggetti tenuti allo scambio

Le istituzioni finanziarie devono condividere dati dei conti clienti in conformità con il CRS.

Dati da scambiare

Dati finanziari, come saldi dei conti e proventi da attività finanziarie.

Cos'è il Common Reporting Standard (CRS)

Il Common Reporting Standard (CRS) è stato sviluppato dall’OCSE per creare uno standard comune per lo scambio automatico di informazioni finanziarie tra le autorità fiscali di diversi paesi: mira a rendere più trasparente e accessibile la fiscalità internazionale, superando le difficoltà degli accordi bilaterali. 

Il CRS ha reso lo scambio di informazioni più efficiente, passando da un sistema su richiesta a uno automatico e multilaterale, e ha migliorato la capacità delle autorità fiscali di combattere l’evasione fiscale e la criminalità organizzata.

Obiettivi del CRS

Il CRS stabilisce:

  • Informazioni oggetto dello scambio: dettagli sui conti finanziari.
  • Istituzioni coinvolte: banche, fondi pensione, assicurazioni e altre entità finanziarie.
  • Contribuenti interessati: persone fisiche e giuridiche con residenza fiscale nei paesi partecipanti.
  • Modalità e tempistiche: procedure e tempistiche per lo scambio dei dati.
  • Doveri di due diligence: obblighi di verifica e conformità per le istituzioni finanziarie.

La normativa impone dunque lo scambio di informazioni a tutte le Entità Finanziarie ma anche a una serie di enti non definibili come “istituzioni finanziarie” che sono stati comunque assoggettati a tale obbligo (le cosiddette “Non Financial Entities”, NFE): esse possono essere società di capitali, di persone, trust e fondazioni.

Entità non soggette agli obblighi del CRS

Esiste un elenco di istituzioni che non sono tenute agli obblighi derivati dal CRS, tra cui:

  • Entità governative e loro fondi pensione;
  • Organizzazioni internazionali;
  • Banche centrali;
  • Alcuni tipi di fondi pensione;
  • Emittenti qualificati di carte di credito;
  • Veicoli di investimento collettivo esenti;
  • Trustee documented trust;
  • Altre istituzioni finanziarie a basso rischio.

È importante notare che la normativa CRS pone al centro dello scambio comunicativo la residenza fiscale del soggetto e non la sua cittadinanza: la comunicazione avviene, cioè, alle istituzioni del Paese dove il soggetto risulta fiscalmente residente, a prescindere da quale sia la sua cittadinanza di origine.

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L'adesione degli Stati al sistema CRS

È evidente come il Common Reporting Standard abbia reso estremamente più efficiente il sistema di scambio informativo tra le autorità, superando le difficoltà legate agli accordi bilaterali specifici tra i singoli Paesi, e compiuto un grosso passo in avanti nella lotta all’evasione fiscale internazionale e alla criminalità organizzata.

Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che il suddetto accordo, approvato nel 2014 da 51 Paesi, ratificato tra il 2015 e il 2018 da altri 41 Stati e in costante ampliamento a livello mondiale, non è comunque stato accolto da tutti i Paesi del mondo.

È, oltretutto, importante precisare che l’adesione dei Paesi al sistema CRS va valutato sotto due diversi punti di vista: 

  • da un lato le giurisdizioni oggetto dello scambio, delle “giurisdizioni oggetto di comunicazione”, ossia quegli Stati rispetto ai quali emerge l’obbligo di comunicare i dati;
  • dall’altro le “Giurisdizioni Partecipanti”, ossia le giurisdizioni che si sono impegnate a comunicare i suddetti dati.

Di fatto, le giurisdizioni partecipanti sono in numero maggiore, poiché esistono Stati che hanno scelto di non ricevere dati dagli altri paesi ma si sono comunque impegnati a comunicare agli altri le informazioni richieste.

Stati non partecipanti al sistema CRS

Diversi Stati hanno scelto di non aderire al sistema di scambio automatico di informazioni finanziarie. Di conseguenza, non partecipano allo scambio automatico di dati con altri Paesi e, nella maggior parte dei casi, non hanno stabilito accordi per lo scambio informativo, né su base automatica né su richiesta.

A oggi, i Paesi che non adottano la normativa CRS sono i seguenti: 

Conclusione

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